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Nasce “Birra 1925”. Una birra dal colore Rosso-Verde

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Il 6 febbraio 2020, sarà una data che rimarrà impressa tra i ricordi dei ternani per molto tempo. Nasce una birra dal colore Rosso-Verde, che attraverso il nome rende omaggio ad una città e alla sua squadra di calcio. E’ con grande orgoglio che viene presentata “Birra 1925” la birra di Terni e della Ternana Calcio.

Succede lo scorso pomeriggio, presso la sala consiliare di Palazzo Spada a Terni. E’ stato presentato il progetto realizzato in collaborazione con Birra Magester di Ferentillo, la birreria Roba da Malti ed il centro Coordinamento Ternana Clubs. L’obiettivo è quello di promuovere un prodotto artigianale partorito dal territorio umbro e collegarlo direttamente al mondo del tifo e dello sport rosso-verde.

Il progetto

Il nome della Birra 1925 è ispirato all’anno in cui nasce la Ternana Calcio. Non è un caso! In quanto rappresenta un collegamento al territorio, attraverso una realtà sportiva conosciuta e amata. Infatti nell’iniziativa è racchiuso l’intento di valorizzare il territorio, con la comunicazione e l’utilizzo di materie prime locali (malti umbri). Ma il progetto non si riduce solo a questo. Una parte degli introiti sulla vendita di Birra 1925 andranno al Centro Coordinamento Club Ternana, per le innumerevoli attività sociali.

Alla presentazione c’era il vicepresidente Paolo Tagliavento e il direttore sportivo Luca Leone del Ternana Calcio. Inoltre era presente il giocatore e allenatore di rugby Jacopo Borghetti, il presidente del Centro Coordinamento Luciano Nervi, Tommy Moroni della Ternana Marathon e il sindaco Leonardo Latini. Dalle parole dei fautori del progetto s’intravedono l’amore verso la città nell’unire tutti e la grande passione del fare birra. Ma come affermano i diretti interessati: “Questo è solo l’inizio!”

Il progetto è un’ottima iniziativa non solo per il territorio umbro, ma per tutta la cultura brassicola italiana. Nonostante le difficoltà iniziali della birra Made in Italy, nel crescere e affermarsi in un paese da sempre legato per tradizione e cultura al vino, oggi può vantare esempi d’eccellenza apprezzati in tutto il mondo.
Vedremo come proseguirà l’avventura!

Buona birra a tutti.

Tra musica e bollicine. Una birra a Sanremo

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Come ogni anno, il Festival della Canzone Italiana è uno degli eventi che fa più discutere. Tra canzoni di dubbio gusto, spettacoli che lasciano il tempo che trovano e tantissimi fiori, le polemiche e gli argomenti che scandiscono i momenti degli italiani sono tanti. Ovviamente non tutte le canzoni finiscono nel dimenticatoio, perché alcune proposte sono oggettivamente meritevoli del successo che trovano. Ma non essendo questa una sede dedita alla musica, vi starete chiedendo: cosa centra Sanremo in un portale di birra?

Pinguini Tattiti Nucleari
Pinguini Tattiti Nucleari

In effetti la musica qui non centra nulla! Ma per gli amanti della birra una correlazione al Festival della Canzone Italiana esiste. Lo spunto viene fuori da una band, che tra le bollicine di una famosa proposta brassicola ha tratto ispirazione. Stiamo parlando dei Pinguini Tattici Nucleari, una band musicale che porta lo stesso nome di una birra appartenente al gruppo scozzese BrewDog.

Tra musica e birra

BrewDog - Tactical Nuclear Penguin
BrewDog – Tactical Nuclear Penguin

La storia del birrificio inizia dall’idea di divulgare la passione per la birra artigianale. Nell’aprile del 2007, in una zona industriale del nord-est scozzese, si presenta al mondo BrewDog. Da quella data sono ormai passati 13 anni, in cui il birrificio ha scritto pagine di storia brassicola attraverso birre diventate dei veri cult.

Tra i tanti devoti del boccale, a trarre ispirazione da questi simboli della cultura birraia, figurano anche: Riccardo Zanotti, Nicola Buttafuoco, Lorenzo Pasini, Simone Pagani, Matteo Locati ed Elio Biffi, in arte i Pinguini Tattici Nucleari.

Come rivela il gruppo musicale nato alla fine del 2010 in provincia di Bergamo, il nome della band deriverebbe dalla birra Tactical Nuclear Penguin, prodotta nel 2009 dalla BrewDog.

La musica

Ma non è solo una questione di birra. Questi ragazzi vanno davvero forte! Attraverso il pezzo proposto per l’evento sanremese, s’intravedono collegamenti alla contemporaneità. Non è un inno a Ringo Starr, ma una riflessione a quelle stelle che pur brillando rimangono in secondo piano. Un po’ come fece il batterista dei Beatles rispetto a John Lennon e Paul McCartney.

Ringo Starr, nella penombra, fu un grande innovatore della musica. Quest’icona rappresenta quindi una metafora che dovrebbe incitare tutte quelle stelle minori, che brillano di luce propria, ad avere la giusta rivincita perché il loro talento non vada sprecato.

Ritornando alla birra, nel frattempo che il Festival di Sanremo proclami il vincitore della 70° edizione, questi ragazzi hanno portato sul palco dell’Ariston un piccolo granello di cultura brassicola. Un dettaglio non indifferente che manterrà riservato un posto d’élite nel cuore di tanti appassionati di birra. E’ il caso di dire: bravi ai Pinguini Tattici Nucleari! 🙂

AGGIORNAMENTO 09-02-2020

E’ doveroso informare chi non avesse seguito il Festival di Sanreno, che i Pinguini Tattici Nucleari hanno conquistato il podio arrivando in terza posizione. Complimenti! 🙂

Buona birra a tutti

Stile Saison: l’incontro perfetto tra aroma e sapore che placa la sete!

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Quando s’inizia a comprendere il grande mondo delle birre, s’impara poco alla volta a distinguere questa bevanda dal colore, dalla schiuma, dall’aroma e dal sapore. S’impara soprattutto ad avere delle preferenze caratterizzanti un determinato gruppo birraio, apprezzando, nelle diverse proposte, i differenti equilibri tra le varie percezioni organolettiche. Tuttavia esistono birre che possiedono un valore aggiunto che regala, oltre ai complessi sentori percettivi, anche un’incredibile appagamento dissetante. E’ il caso delle birre appartenenti allo stile Saison, proposte dal grande carattere che possiedono, oltre all’aroma e al gusto intenso ed elegante, una vera e propria bevuta piacevole e appagante.

Indice

  1. Un po’ di storia…
  2. Lo stile Saison
  3. Aspetti organolettici
  4. Accostamenti
  5. Conclusioni

Un po’ di storia…

Lo stile Saison ebbe origine nella Vallonia, una zona del Belgio nei pressi di Francoforte ai confini con la Francia. Venne prodotta da fattori e contadini, intorno alla metà dell’Ottocento.

Il nome Saison (dal francese “stagione”) richiama la stagionalità. Il riferimento non era casuale, in quanto proprio alle stagioni era legata la sua produzione. La mancanza di sistemi refrigeranti non permetteva di fare birra durante i mesi estivi, per cui la produzione era limitata ai soli periodi freddi.

Mietitura del grano
Mietitura del grano

A tale proposito, esisteva una legge belga del XIX che vietava la produzione di birra dopo il 29 marzo. Quest’imposizione fu stabilita onde evitare alla temperatura estiva di favorire fermentazioni acide, le quali avrebbero reso le birre imbevibili.

Il Saison era legato anche al lavoro stagionale! Ai raccoglitori di lino e mietitori di grano (chiamati saisonniers) era concessa la possibilità, di percepire come parte del salario fino a 5 litri di questa birra al giorno.

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Lo stile Saison

Dopo aver rischiato negli anni Sessanta l’estinzione, oggi lo stile Saison è stato fortemente rivalutato. Si tratta di stile belga ad alta fermentazione, in cui il profilo caratteriale e la complessità aromatica prendono decisamente il sopravvento. Tuttavia è uno stile dalla facile bevuta che, attraverso una sensazione rinfrescante e speziata con accentuate note agrumate, disegna una degustazione interessante e particolarmente appagante.

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Aspetti organolettici

Aspetto

Le birre appartenenti allo stile Saison presentano un caratteristico colore arancio chiaro, che varia su tonalità dorate e ambrate. Solitamente si riscontra una schiuma particolarmente densa di colore bianco avorio, che potrebbe generale la produzione dei tipici merletti di bruxelles sul bicchiere. L’opacità è spesso presente.

Aroma

Luppolo
Luppolo

L’aroma presenta note fortemente fruttare, con richiami medio alti al luppolo speziato o floreale. Gli esteri fruttati dominano l’aroma, generando tendenze agrumate di arancia e limone. L’aroma viene ulteriormente arricchito dalle note derivanti da possibili spezie oppure dai fenoli del lievito.

Quando i fenoli sono presenti, hanno spesso una tendenza pepata. Può presentare livelli di acidità medio bassa, che non devono sopraffare il complesso aromatico. Solitamente le spezie, il luppolo e i richiami acidi tendono ad aumentare con la forza della birra. Il carattere del malto è sottile, inoltre non presenta diacetile.

Gusto

Il gusto è una combinazione di sapori fruttati (arancia o limone) e speziati, che sono supportati dal carattere delicato del malto. Il sapore inoltre è arricchito da una presenza alcolica tendenzialmente bassa o moderata, con richiami acidi che portano asprezza. L’attenuazione elevata accentua la caratteristica secchezza finale.

Spezie
Spezie

L’aggiunta di spezie regala complessità al sapore, ma non deve prevalere sull’equilibrio strutturale della birra. E’ possibile la presenza di fenoli derivanti dal lievito, che completano l’amarezza del gusto. Il sapore di luppolo, tendenzialmente basso o moderato, richiama note speziate o terrose, mentre l’amaricatura, solitamente moderata o elevata, non deve sopraffare gli esteri fruttati, le spezie e il malto.

L’influsso del malto rimane leggero e fornisce un supporto agli altri sapori. Può essere presente una certa acidità, che non deve imporsi sul complesso gustativo. Solitamente le spezie, l’amaro, il sapore di luppolo e l’acidità aumentano con la forza della birra, a discapito della dolcezza che ovviamente diminuisce (Belgian Specialty Ale 7-8,5 %vol.).

Nella bevuta si percepisce una carbonazione pronunciata che contribuisce, insieme all’acqua solfata e all’alta attenuazione, a dare un finale secco, mentre il retrogusto rimane lungo, amaro e spesso speziato. Solitamente l’amarezza percepita è superiore a quanto suggerisce il livello IBU.

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Il livello alcolico è tendenzialmente medio-alto (4,5-6,5 %vol.). Esso comunque non appesantisce con calore la bevuta, che risulta particolarmente facile grazie al corpo leggero o medio. L’acidità bilancia il finale secco, mentre il carattere aspro rinfresca efficacemente il sorso.

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Accostamenti con lo stile Saison

Accostamenti

Le birre in stile Saison offrono diversi abbinamenti, in particolare con carni arrosto condite con olio e pepe nero.

Il pesce è abilmente esaltato con un condimento semplice a base di limone. Inoltre si accompagna benissimo a insalatone colorate, che richiamano l’estate e la freschezza di una bevuta dissetante.

Conclusioni

Le birre in stile Saison possiedono grande complessità. Nella facilità di bevuta è racchiusa l’eleganza del perfetto equilibrio di ogni ingrediente utilizzato in ricetta. Nulla è lasciato al caso! La parte dolce e morbida si accosta a quella amara e secca, regalando stabilità. La parte acida e quella aspra, donano forza alla birra. Il risultato è un sofisticato profilo organolettico che abbina alla bevuta un grande piacere.

Buona birra a tutti.

Saison in All Grain: la ricetta di una birra rinfrescante e piacevole da bere

Originariamente consumata perlopiù durante la bella stagione della Vallonia, la regione belga di lingua francese, la Saison si rivela una Ale rinfrescante e speziata a cui si accosta uno spiccato tocco agrumato. Una birra di facile e piacevole bevuta che in passato, per ragioni legate alla temperatura, veniva preparata tra l’autunno e l’inverno. Oggi fortunatamente la temperatura non è più un problema e questa birra può essere prodotta e bevuta tutto l’anno. Quindi perché non provare a realizzare tra i fornelli di casa una Saison attraverso il metodo All Grain? Ecco la ricetta passo dopo passo!

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Indice

  1. La Ricetta della Saison in All Grain per 23 l di birra
  2. Gli strumenti da utilizzare
  3. Informazioni sulla cotta
  4. Il Procedimento

Saison in All Grain per 23 l di birra

ingredienti

Malti

  • Pilsner 3.8 kg;
  • Malto Munich 40 700 g;
  • Frumento non maltato 260 g;
  • CaraMunich II 120 g;
  • Special B 120 g.

Luppoli e Aromi

  • Styrian Goldings 50 g, 1° inserimento bollitura 60 min;
  • Saaz 30 g, 2° inserimento 5 min;
  • Buccia di Arancia 10 g, 3° inserimento bollitura 5 min;
  • Coriandolo 10 g, 4° inserimento bollitura 5 min.

Lievito

1 confezione di Lievito Mangrove Jack’s French Saison Ale M29 – 10 g (temp. di fermentazione consigliata: 26-32 °C). In alternativa è possibile utilizzare 1 confezione di lievito liquido Wyeast 3724 Belgian Saison.

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Gli strumenti da utilizzare

Kit Fermentazione Birramia

N.B.: Alcuni di questi strumenti sono contenuti nel kit di fermentazione. Per altre attrezzature e per sapere dove acquistarle dai un’occhiata qui!

Informazioni sulla cotta

  • Tecnica: All Grain;
  • Stile: Saison;
  • OG Stimata: 1.049;
  • IBU Stimato: 29.9;
  • Colore EBC Stimato: 18;
  • FG Stimata: 1.011 – 1.012;
  • Gradazione Alcolica Stimata: 5 %vol.;
  • Ammostamento: Single Step;
  • Acqua di Mash: 17 litri;
  • Acqua di Sparge: 17 litri;
  • Luppolatura: 60 min;
  • Priming: 5 g/l
  • Perdite Stimate: Considerando un’evaporazione di 5 l/h (variabile in funzione della pentola) e altre perdite (assorbimento grani+trub), con tali quantità di acqua dovremmo arrivare dopo 60 min di bollitura a una OG stimata di 1.049.

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Il Procedimento

Ammostamento (approfondimento)

pentola ammostamento
  1. Versare in una pentola 17 l di acqua;
  2. Alzare la temperatura a 65 °C;
  3. Arrivati alla temperatura di 65 °C, inserire i malti (Mash In);
  4. Mescolare con un mestolo;
  5. Mantenere costante la temperatura (65 °C) per 60 min;
  6. In una seconda pentola versare ulteriori 17 l d’acqua. Successivamente alzare la temperatura a 78 °C (acqua di Sparge);
  7. Trascorsi 60 min a 65 °C, effettuare il test dello iodio. Se il test darà esito positivo procedere al Mash Out; in caso contrario, continuare l’ammostamento a 65 °C fino alla completa conversione degli zuccheri;
  8. Per il Mash Out bisognerà portare il mosto alla temperatura di 78 °C per 15 min;
  9. Trascorsi 15 min procedere al filtraggio del mosto;
  10. Terminato il primo filtraggio, procedere al lavaggio delle trebbie attraverso l’acqua di Sparge;
  11. Travasare il mosto filtrato nella pentola di luppolatura.

N.B.: Il mosto filtrato è travasato in una pentola o, in mancanza, nel fermentatore. Nel caso si utilizzi il fermentatore, al completamento del filtraggio, il mosto potrà essere travasato nuovamente nella pentola di Mash precedentemente lavata!

Schema di ammostamento
Schema di ammostamento

Nella fase di travaso è opportuno non far splashare il mosto per evitare problemi di ossidazione. A tale proposito si raccomanda di fare il travaso a velocità moderata, aiutandosi con un tubo.

Luppolatura 60 minuti (approfondimento)

  1. Portare il mosto a bollore;
  2. Appena inizia a bollire inserire in pentola il primo luppolo (Styrian Goldings 50 g);
  3. Prima di terminare la bollitura si potrà inserire (se si possiede) la serpentina per sterilizzarla. Considerando una luppolatura di 60 min è opportuno utilizzare gli ultimi 15 min di bollitura per la sterilizzazione. In questo caso la si potrà adagiare in pentola poco prima del secondo inserimento di luppolo;
  4. Dopo 55 min dal primo inserimento, introdurre in pentola il secondo luppolo (Saaz 30 g);
  5. Subito dopo il secondo inserimento, introdurre in pentola le spezie aromatizzanti (Buccia di Arancia 10 g e Coriandolo 10 g). Le spezie dovranno bollire entrambe per 5 minuti (insieme al luppolo Saaz precedentemente inserito);
  6. Trascorsi 5 min dagli ultimi inserimenti, spegnere la fonte di calore e procedere al raffreddamento con serpentina o sistema alternativo;
  7. Quando il mosto arriverà a temperatura ambiente effettuare il Whirlpool. L’operazione serve a concentrare tutte le impurità al centro della pentola;
  8. Travasare il mosto nel fermentatore avendo cura di filtrare il luppolo e le spezie.

N.B.: Durante questo travaso è consigliabile far splashare il mosto per favorire la formazione d’ossigeno. Questo accorgimento faciliterà il lavoro del lievito e l’inizio della fermentazione!

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Inoculo del lievito (approfondimento)

  1. Prima d’inserire il lievito nel fermentatore (sanificato), prelevare un campione di mosto per la misurazione della densità (approfondimento);
  2. Inoculare il lievito indicato all’interno del fermentatore;
  3. Ossigenare il mosto mescolando energicamente con un mestolo;
  4. Chiudere il fermentatore, ricordandosi d’inserire il sanificante nel gorgogliatore, e aspettare l’inizio della fermentazione.

Fermentazione (approfondimento)

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  1. Tenere il fermentatore a temperatura costante. La temperatura consigliata è di 26 °C;
    • Finita la fase vigorosa della fermentazione (1 settimana almeno), è consigliabile fare un travaso in un secondo fermentatore (se si possiede);
  2. Dopo la fase vigorosa della fermentazione tenere la birra nel fermentatore per altri 7 giorni alla temperatura consigliata.
  3. Trascorsi i giorni prestabiliti, la fermentazione dovrebbe essere conclusa e tecnicamente la birra è pronta per essere imbottigliata. La fine della fermentazione si potrà determinare sia dal gorgogliatore (non emetterà più bolle) che dalla densità FG con diversi campionamenti frazionati su più giorni (la fermentazione per essere conclusa deve avere una densità FG costante tra un campionamento e l’altro). Ricordo che per imbottigliare, il valore della densità FG consigliata è di 1.011 – 1.012;
  4. Finita la fermentazione della nostra Saison è il momento d’imbottigliare!

N.B.: Solitamente la densità FG è inferiore di 1/4 rispetto alla densità OG. Se abbiamo una OG di 1.049 (49), la densità FG dovrà essere di almeno 1.012 (12) per imbottigliare (49/4=12,25).

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Imbottigliamento (approfondimento)

Conclusa la fermentazione della Saison, realizzata col metodo All Grain, è il momento d’imbottigliare la birra! Ovviamente prima d’imbottigliare, la densità FG dovrà essere di almeno 1.011-1.012. Inoltre durante l’imbottigliamento si eseguirà il priming, fatto in fermentatore o in bottiglia, il quale darà la frizzantezza alla birra. Ricordo che per la ricetta è previsto un priming di 5 g/l.

Se voglio fare il priming nel fermentatore?

tecnica 3 dita imbottigliamento
  1. Sanificare le bottiglie;
  2. Aggiungere dello zucchero alla birra che si trova nel fermentatore. In questo caso aggiungere 5 g di zucchero per ogni litro di birra (Es: 50 g di zucchero per 10 l di birra);
  3. Mescolare delicatamente per favorire la diluizione dello zucchero;
  4. Imbottigliare, avendo cura di lasciare tre dita tra il livello della birra e il tappo della bottiglia;
  5. Tappare le bottiglie.

Se voglio fare il priming in bottiglia?

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  1. Sanificare le bottiglie;
  2. Imbottigliare, avendo cura di lasciare tre dita tra il livello della birra e il tappo della bottiglia;
  3. Prima di tappare le bottiglie, aggiungere il quantitativo di zucchero proporzionato alla capienza della bottiglia (Es.: Considerando un priming di 5 g/l, aggiungere 1,65 g di zucchero per una bottiglia da 33 cl). A tal proposito è possibile approfondire questa tecnica con la realizzazione di una soluzione zuccherina;
  4. Tappare le bottiglie.
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Maturazione

Imbottigliata la birra, è necessario attendere almeno 15 giorni per la rifermentazione in bottiglia. Le bottiglie dovranno essere tenute al buio e a temperatura costante (in questo caso la temperatura consigliata è di 12 °C). La stabilità e la delineazione del profilo organolettico della birra arriverà solo dopo 1-2 mesi di maturazione.

Sul canale Youtube troverete la video realizzazione di altre ricette col metodo All Grain. Non dimenticate di iscrivervi al canale!

Buona birra a tutti.

Donna o Strega? Le infinite storie sulla birra!

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Solitamente la birra è associata alla figura maschile. Forse perché nell’immaginario collettivo vige la figura dell’uomo col boccale in alto, che si sporca i baffi di schiuma. Oppure perché il termine “mastro birraio” fa pensare a qualcuno che, oltre al mestolo e al pentolone, abbia anche muscoli e barba. Insomma per essere tra le bevande più amate di sempre, sulla birra ne girano tante al punto da non smettere mai di affascinare e incuriosire chiunque si dedichi alla sua storia. I racconti rivelano tante curiosità inaspettate, tra cui l’errata associazione birra-uomo. La birra è donna, e grazie alla figura femminile è nata e prosperata. Ma tra le tante curiosità ne spunta una: se la birra fosse anche strega?

Tra storia e leggenda, la birra è donna o strega?

I primi segni di birra risalgono al 5000 A.C. Sono tanti i reperti archeologici che testimoniano la produzione di questa bevanda nelle antiche civiltà. Dalle tavolette in Mesopotamia che ritraggono persone bere, alla poesia sumera dedicata alla dea della produzione di birra Ninkasi. Ma anche nell’Epopea di Gilgamesh, in cui la birra veniva servita al selvaggio Enkidu.

Mappa del Mediterraneo
Mappa del Mediterraneo

La birra non conobbe limite! Nell’antico Egitto era servita anche ai faraoni e considerata liquido divino, mentre faceva parlare in Grecia dove lo stesso Platone disse che “ad inventare la birra fu un uomo saggio“. Per non parlare dell’antica civiltà romana, che nonostante il prezioso vino non rimase indifferente alla gustosa bevanda. In ogni civiltà la birra ebbe un ruolo da protagonista, sia alimentare che spirituale, considerata come dono divino verso l’umanità.

Ma chi si occupava della produzione di birra?

Pentolone
Pentolone

Ciò che spesso rimane in penombra è chi produceva questa preziosa ed importantissima bevanda. In Mesopotamia come ritraggono antichi reperti d’argilla, la produzione della birra era affidata alle donne, molto rispettate in quanto protette dalla dea Ninkasi. Anche nell’antica Babilonia la produzione di birra era affidata alle donne, che oltre a svolgere la professione di birraio erano vere e proprie sacerdotesse.

Con l’arrivo del Medioevo la birra continuò ad essere prodotta dal gentil sesso. Tra le innumerevoli mansioni della donna figurava anche quella di produrre birra in casa, perché più sicura e sostanziosa dell’acqua infetta che scorreva dai ruscelli. Per quest’attitudine le donne dell’epoca erano conosciute come alewife (ale=birra, wife=moglie).

Abitazione alewife
Abitazione alewife

L’idea

Attraverso pentoloni e strumenti rudimentali le alewifes riuscivano ad ottemperare al fabbisogno della famiglia, garantendo una bevanda sicura e sostanziosa. Ma presto ci si rese conto che attraverso la birra si poteva trarre anche qualche profitto.

Mother Louse
Mother Louse

Fu a questo punto che le donne cominciarono a pubblicizzare il loro prodotto.
Qualche alewife cominciò ad esporre una scopa fuori dalle loro abitazioni (tipo insegna) per annunciare ai bevitori, quando la birra fosse stata pronta a dissetarli. Altre invece preferivano i mercati affollati, e per farsi notare cominciarono ad indossare cappelli alti e a punta.

Gatto nero
Gatto nero

Inoltre la figura di queste donne era spesso accompagnata da un gatto. Amico fedele che dava la caccia ai topolini che potevano insidiare il grano.

Tutto questo fermento fece mutare la considerazione verso la birra. Da bene di consumo domestico e di prima necessità, a fonte di guadagno. Un guadagno dal profitto così grande che scatenò una concorrenza spietata. Le donne furono escluse e screditate da quella che fino a poco tempo fa, era una delle loro principali occupazioni!

Il commercio femminile della birra divenne il pretesto per accusare le donne di stregoneria. Prese il via una vera e propria caccia alle streghe, che portò il commercio intrapreso dalle alewifes a precipitare.

Considerazioni

Leggenda oppure verità? A prescindere dall’esistenza delle streghe, le donne hanno avuto un posto privilegiato accanto alla birra. Da loro è nata la cultura birraia e la passione del fare birra. In America Latina e in alcune zone dell’Africa rimane con orgoglio, un lavoro femminile. Mentre in Occidentale vige ancora la stupida idea che la donna e la birra facciano parte di universi separati.

Ma piano piano la donna sta ricevendo il meritato riscatto. Senza paure e pregiudizi il lavoro brassicolo del gentil sesso incanta i palati degli appassionati, vantando una serie di prodotti dalle qualità eccelse. Quindi si può chiaramente affermare che la birra è donna, ma anche strega. E’ inutile negarlo: una bevanda che conquista al primo sorso, deve avere per forza qualcosa di stregato! 😉

Buona birra a tutti

Brasile: Birra contaminata avvelena i consumatori

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Succede in Brasile nella regione del Sudeste. Tra dicembre e gennaio diverse persone hanno riportato sintomi da avvelenamento. La causa si attribuisce ad un possibile consumo di birra contaminata.

L’allarme è dato dal Dipartimento della Salute di Minas Gerais. I funzionari raccomandano di non consumare birra Backer evitando lo smaltimento in lavandini e servizi igenici. Le birre che saranno contrassegnate con un avviso di pericolo, dovranno essere tenute separate dagli altri alimenti e raccolte nei punti designati.

Il caso della birra contaminata

L’allerta è scatta in seguito a 22 casi di possibile avvelenamento da glicole dietilenico. Si tratta di una sostanza chimica tossica per l’uomo, utilizzata come antigelo. Quattro sono le vittime! Ma la morte accertata causata dal contaminante è solo una. I restanti 18 rimangono sotto osservazione.

Il primo caso si è verificato lo scorso dicembre 2019. L’uomo, deceduto il 7 gennaio 2020, presentava insufficienza renale e disturbi neurologici. I sintomi che si manifestano dopo 72 ore comprendono: nausea, vomito e dolore addominale. Sono seguiti da: insufficienza renale, disturbi neurologici, alterazioni sensoriali e convulsioni.

Come riporta il FSN, attraverso i test effettuati dal Ministero dell’agricoltura, 32 lotti di birra Backer sono risultati contaminati. Dagli esami emerge che il contaminante era nell’acqua utilizzata tra novembre e dicembre 2019, per produrre la birra.

Le misure attuate

Le birre interessate in questa spiacevole vicenda sono: Belorizontina, Capixaba, Capitão Senra, Pele Vermelha, Fargo 46, Backer Pilsen, Brown, Backer D2, Corleone e Backer Trigo.

A fronte di quanto emerso, l’agenzia brasiliana di vigilanza sanitaria (Anvisa) ha ritirato dalla vendita tutti i lotti di birra contaminata. Inoltre la misura è stata estesa alle birre con una scadenza compresa tra agosto e novembre 2020.

L’autorità brasiliana ha ordinato la chiusura dello stabilimento. In questo frangente saranno condotte le indagini e si procederà alla depurazione degli impianti contaminati. Oltre alla contaminazione accidentale, non è da escludere il dolo da parte di un ex dipendente.

Pale Ale. La storia di uno stile secolare

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La birra è una bevanda fantastica. Ma tra sapori e profumi, la si potrebbe definire anche come un vero e proprio libro di storia. Attraverso l’antica tradizione, rivivono le azioni più significative che hanno segnato l’evoluzione umana. Un esempio è lo stile Pale Ale, nato in un periodo rivoluzionario che ha condizionato per sempre il modo di fare birra e non solo!

Un po di storia…

La nascita dello stile Pale Ale è dovuta ad una serie di eventi, che hanno influenzato l’Inghilterra del XVIII secolo. Già dal 1642, il malto impiegato nella produzione di birra veniva essiccato a carbone. Il risultato era un ingrediente affumicato, dal colore bruno, che produceva birre particolarmente scure.

Produzione del Coke
Produzione del Coke

Con la rivoluzione industriale il carbone subì delle importanti modifiche, che influenzarono sia l’industria che il modo di fare birra. L’intuizione fu dell’ingegnere Coke, che trovò il modo di purificare il carbone fossile, attraverso un processo chiamato “distillazione distruttiva”. Da questo processo nacque il Carbon Coke.

La novità comportò migliorie sia sul settore siderurgico con la produzione dell’acciaio, che nelle malterie dove l’essiccazione dei malti avveniva attraverso un combustibile più pulito. Inoltre la nascita dell’acciaio introdusse essiccatoi di qualità superiore, che permettevano di produrre malto non affumicato e di colore più chiaro. Da questo malto chiaro (in inglese Pale) nacque la Pale Ale.

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Purtroppo il costo del nuovo ingrediente e l’aumento del prezzo del carbone, resero inaccessibile il malto Pale. Ovviamente questo favorì Porter e Stout, birre nutrienti e a basso costo, che divennero molto apprezzate tra il popolo operaio.

La svolta si ebbe nel 1784, quando John Richardson pubblicò uno studio sul saccarimetro (strumento che misura la concentrazione di zucchero in una soluzione). Esso dimostò che il vecchio malto, a parità di peso, produceva meno zuccheri fermentabili rispetto al malto pale.

Stazione di Burton-Upon-Trent
Stazione di Burton-Upon-Trent

La scoperta fece molto scalpore! I birrifici che a quel tempo esportavano birra in India, videro nel malto pale maggiore margine di guadagno. In quanto la maggiore resa fermentabile garantiva un grado alcolico più alto. Fattore essenziale per la riuscita dell’esportazione oltremare (birre IPA).

La conveniente resa del malto e la successiva riduzione del prezzo del carbone, diedero slancio al Pale Ale che riuscì finalmente a decollare. Un aiuto arrivò anche dalla ferrovia, che a metà del 1800 collegò Londra alla città di Burton, dove le birre chiare erano prodotte fin dal 1700.

Lo stile Pale Ale

Malto
Malto

Lo stile Pale Ale, originario dell’Inghilterra, appartiene alle birre ad alta fermentazione. Nel corso degli anni, le scuole brassicole si sono cimentate nella riproduzione di questo stile, mutando di volta in volta le caratteristiche originali.

La diversa provenienza influisce sul carattere, amaro e gradazione alcolica. Le Pale Ale inglesi, rimanendo fedeli all’antica tradizione, hanno un carattere vagamente floreale e poco amaro. Le belga racchiudono sapori fruttati derivanti dal lievito e una pronunciata gradazione alcolica. Mentre le americane hanno un particolare carattere luppolato, che ricorda note agrumate con un finale pulito e secco.

Aspetti organolettici

Prodotta per tradizione con un’alta percentuale di malti Pale, racchiude un amaro bilanciato e un gusto morbido. Nonostante l’origine inglese, le diverse correnti brassicole hanno dato una loro interpretazione. Ma per rimanere fedeli all’originario stile Pale Ale bisogna affidarsi alle classificazioni del BJCP (Beer Judge Certification Program).

Aspetto

Le birre in stile Pale Ale hanno un colore ramato che varia su tonalità più o meno intense. La schiuma moderata, presenta un colore piuttosto biancastro.

Luppolo
Luppolo

Aroma

L’aroma di luppolo (generalmente inglese) è variabile. Si percepiscono sentori di malto con tono medio alto, a cui spesso si associano note di caramello con intensità variabile. Gli esteri fruttati sono da medio-bassi a medio-alti. Generalmente non è presente nessun diacetile, nonostante i bassi livelli siano accettati. Alcune proposte possono avere lievi sentori di zolfo o alcol.

Gusto

L’amaro può avere un carattere medio-alto con evidenti accenni di malto. Generalmente la dolcezza data dal malto caramello ha un’intensità variabile, che può essere bassa o più pronunciata. Il sapore del luppolo (generalmente inglese) presenta sentori che mutano in base alla varietà (terrose, resinose o floreali).

Nonostante il luppolo si debba sentire, non deve sopraffare il malto che regala complessità attraverso aromi secondari di nocciola o biscotto. Gli esteri fruttati hanno un’intensità variabile, mentre il finale è piuttosto secco. Generalmente non presenta diacetile, nonostante i piccoli livelli siano ammessi.

In bocca il corpo varia in base alle versioni. Esso può essere mediamente leggero oppure piuttosto pieno, ed è sostenuto da una carbonatazione bassa o moderata. Quando la birra si trova in bottiglia o in lattina è possibile avere una carbonatazione maggiore.

Le versioni più alcoliche possono dare una sensazione di calore avvolgente, nonostante l’alcol non debba essere troppo pronunciato (alcol compreso tra 4-6% vol.).

Fonte BJCP.

Accostamenti con il cibo

Accostamenti
Accostamenti

Il complesso sapore del Pale Ale vede alcuni abbinamenti che tendono ad esaltare il gusto delle pietanze.

Il particolare amaro, la bassa carbonazione, il raffinato dolce e il sentore luppolato, associano queste birre a portate a base di carne grigliata o pesce ben condito.

Vede un ottimo connubio anche con salumi e formaggi a bassa e media stagionatura. Per quanto riguarda i dolci, il sapore delle Pale Ale esalta gusti tostati oppure agrumati.

Considerazioni

Nello stile Pale Ale è possibile rivivere un pezzo di storia, in cui la birra ha cambiato radicalmente la sua essenza. Attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, questo stile ha segnato l’inizio di una nuovo modo di pensare alla birra. Nel Pale Ale il grande equilibrio tra malto e luppolo costruisce una bevuta elegante ed interessante, dove il sapore è una costante!

Buona birra a tutti

Lo Stile IPA

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La storia della birra ha radici molto profonde. In ogni bollicina racconta l’epoca, che la vide spettatrice degli eventi in cui l’uomo si è imbattuto. Peculiarità molto interessante, che aggiunge ad una delle bevande più amate di sempre, un velo di fascino e mistero. Una prova tangibile di quest’affermazione è data dallo stile Ipa, nato in un periodo di lunghi viaggi e storiche colonizzazioni.

Un po di storia…

L’esordio del termine India Pale Ale avvenne durante un annuncio sul Liverpool Mercury, il 30 gennaio 1835. Prima di questa data e anche qualche tempo dopo, le birre Ipa erano indicate come Pale Ale preparate per l’India, India Ale, Pale Ale esportazione per l’India, ed erano principalmente esportate nelle Indie per il consumo dei sudditi inglesi. Fonte Wikipedia.

Vascello Inglese
Vascello Inglese

Le birre IPA nascono in Inghilterra, durante l’età coloniale del XVIII secolo. A quel tempo gli inglesi, impegnati in faticosi viaggi verso le Indie, richiedevano birre capaci di resistere ad ogni intemperia che poteva imbattersi durante la lunga traversata. Il problema riguardava sia la conservazione (a causa del lungo viaggio) che la contaminazione (in quanto la birra era stoccata in botti di legno). Per cui i mastri birrai dell’epoca dovettero escogitare un modo che oltre a ridurre il rischio di contaminazione batterica, garantisse una buona conservazione qualitativa.

La soluzione al problema si trovava inconsapevolmente, già scritta tra gli ingredienti normalmente utilizzati per fare birra! Aumentarono così la concentrazione di luppolo, che per le proprietà antiossidanti, avrebbe allungato la conservazione della birra. Inoltre aumentarono la gradazione alcolica, così da rende difficoltosa la proliferazione di batteri dannosi.

Oggi questo stile ha subito un ulteriore sviluppo, conteso tra Inghilterra e America. Le Ipa inglesi sono caratterizzate da un colore ambrato, con note di caramello e sentori tostati. Le Ipa americane (American India Pale Ale) sono caratterizzate da colori chiari e dalla grande esaltazione di sentori agrumati ed erbacei, per l’utilizzo di luppoli come il Cascade e l’Amarillo.

Lo stile Ipa

Lo stile IPA (India Pale Ale) s’identifica tra le file delle birre Ale, racchiudendo un gusto pieno e deciso. E’ un chiaro sottostile del Pale Ale, a cui per motivi funzionali in passato sono state aggiunte delle dosi maggiori di fermentabile e luppolo. Luppolo che spesso, ma non obbligatoriamente, è aggiunto anche in dry hopping (luppolatura a freddo), per rafforzare in modo deciso i lineamenti aromatici e amaricanti.

Ma lo stile Ipa non è solo luppolo e alcol. E’ un’accurata proporzione tra sapore e aroma, in cui pur esaltando le qualità luppolate non si discosta mai dalla parte maltata, che dona equilibrio e corpo alla birra.

Aspetti organolettici

Le birre in stile Ipa sono chiare e luppolate, con un alcol moderatamente pronunciato. Esse sono coadiuvate da una struttura maltata, la quale sostiene il carattere impetuoso del luppolo. Ma per avere una chiara idea su come debba essere una birra Ipa, bisogna affidarsi alle linee guida del BJCP (Beer Judge Certification Program).

Aspetto

Il colore delle birre appartenenti allo stile Ipa è variante! Comprende tonalità che vanno dall’ambra al ramato, ma una grande quantità presenta un colore ambrato, da chiaro a medio, con riflessi arancioni. Non sono da escludere esemplari con una certa opalescenza, a causa del possibile dry-hopping. La schiuma, con colorazione biancastra, risulta essere abbastanza persistente.

Aroma

Fiore di luppolo
Fiore di luppolo

La parte aromatica è incentrata sul luppolo. Con un’intensità medio/alta che richiama note floreali, terrose o fruttate. Un leggero erbaceo da dry-hopping è accettabile, ma non obbligatorio. Sono comuni sentori di malto che ricordano il pane tostato e il caramello, inoltre la moderata presenza di fruttati è accettabile. Alcune versioni possono avere note sulfuree.

Gusto

Al paltato non mancano i richiami al luppolo con un amaro medio/alto. Il sapore luppolato che accenna a note floreali, terrose, fruttate ed erbose è efficacemente bilanciato dai sentori maltati, con spunti di biscotto, pane tostato e caramello. Nonostante il carattere luppolato di questo stile, la presenza del malto conferisce sapore, corpo, complessità e grande equilibrio. L’astringenza derivante dal luppolo con la carbonazione medio/alta, può esprime una sensazione di secchezza generale, nonostante il grande supporto del malto che bilancia la bevuta. Il finale è comunque mediamente asciutto e l’amaro persiste nel retrogusto, che dovrebbe rimanere piuttosto morbido. L’alcol soprattutto nelle versioni più forti, fornisce un buon calore.

Fonte BJCP

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Accostamenti con lo stile Ipa

Le birre in stile Ipa avendo una forte carica amaricante, si accompagnano perfettamente a insaccati sia dolci che piccanti. Inoltre vede un ottimo connubio con formaggi di ogni stagionatura.

Accostamenti
Accostamenti

Le Ipa si accostano bene anche a primi piatti con condimenti speziati oppure piccanti, ma anche con zuppe di verdure e ortaggi. Naturalmente non disdegna i secondi sia a base di carne rossa o bianca, che di pesce.

Per i dolci, il particolare gusto delle Ipa, si accompagna bene a biscotti speziati e torte a base di cioccolato oppure caramello. Ovviamente l’accostamento con la pizza è intramontabile.

Considerazioni

Oggi l’Ipa si conferma tra gli stili brassicoli più amati da intenditori e non! L’attitudine di racchiudere l’amaro del luppolo, il dolce del malto e il grado alcolico compreso tra 5-8 %vol, restituisce una birra d’eccellenza a cui è difficile resistere.

Buona birra a tutti

Lattina Vs Bottiglia. La verità della birra

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Miti e leggende, dicerie o verità? Sulla birra ne girano tante! Una delle questioni ancora irrisolte sulla bevanda più amata di sempre non riguarda il contenuto, bensì l’involucro. Viene da pensare che l’abito non faccia il monaco. A prescindere “dal cosa la racchiuda”, la birra è sempre la birra. Eppure anche in questo caso sorge un dilemma: birra in lattina o in bottiglia? Troppe sono le idee in merito, e troppe le confusioni che si fanno quando si tratta di questo tema così angusto.

L’inizio della Lattina

La comparsa della lattina si deve alla necessità di conservazione del cibo. Come la storia insegna, l’uomo nel corso della sua esistenza ha sempre cercato il modo di conservare il cibo. Dall’aria al ghiaccio, dal sale al fumo gli espedienti per ottemperare ai momenti di carestia sono stati innumerevoli. Ma ovviamente questi metodi non garantivano il massimo della conservazione.

Nicolas François Appert, inventore del metodo di conservazione dei cibi.
Nicolas François Appert

A fare la differenza fu la geniale intuizione di Nicolas François Appert. L’inventore e cuoco francese nei primi anni dell’Ottocento, riuscì a mettere a punto un sistema per la conservazione ermetica degli alimenti. L’idea era fondata sul calore che andava a rallentare i processi di decomposizione del cibo.

L’invenzione di Appert venne molto apprezzata dal governo napoleonico. Essa fu la soluzione al problema del vitto da destinare alle truppe durante le campagne di conquista.
Il governo permise ad Appert di scegliere tra l’iscrizione di un brevetto e un premio di 12000 franchi.
Appert scelse il premio e nello stesso periodo pubblicò “L’Art de conserver les substances animales et végétales“, dove spiegava il suo metodo di conservazione.
Da li a breve sarebbe nata la “Maison Appert”, fabbrica destinata a produrre alimenti in vasi di vetro.

Bryan Donkin, inventore dei primi cibi in scatola
Bryan Donkin

L’idea di Appert fece presto il giro del mondo. Arrivò a Pierre Durant, imprenditore inglese di origini francesi, che nel 1810 migliorò l’idea del connazionale. Esso andò a sostituire il fragile vetro con delle lattine di stagno, che risultavano più solide e facili da trasportare.

L’intuizione di Durant fu lo spunto per Bryan Donkin e John Hall. Questi nel 1812 utilizzarono l’idea di Appert unitamente ai recipienti di stagno, per dare vita all’industria delle conserve. Nel 1813 nacquero i primi cibi in scatola.

Birra in Lattina o in Bottiglia?

Quando si chiede una birra che non sia alla spina, può succedere d’imbattersi nella scelta tra lattina o bottiglia. In questa fase la mente ricerca nel proprio database tutti i pro e i contro. Pensieri sorretti da dicerie o da qualche strano studio scientifico, magari sull’alluminio, scoperto per caso mentre si scorrevano le notizie su Google.

Lattina in alluminio, involucro per contenere la birra.
Lattina in alluminio

Che l’alluminio faccia male è cosa risaputa. Ma quando si parla di pericolosità alla salute umana bisogna andare con calma e affidarsi solo a fonti certificate.

Come precisa L’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), attraverso gli studi effettuati sull’alimentazione umana e ai metodi di analisi impiegati, è stato possibile valutare solo l’esposizione totale all’alluminio contenuto negli alimenti e non l’esposizione riferita alle varie fonti, vale a dire la quantità naturalmente presente, l’apporto degli additivi alimentari e l’alluminio ceduto durante la lavorazione e la conservazione degli alimenti (pellicole, contenitori o utensili).

Ovviamente ancora tanto dovrà essere discusso su questa tematica. Presto chi di dovere dovrà rispondere alle dovute questioni. Ma in attesa di maggiori dettagli, evitando di perdersi in tunnel senza uscita, è più proficuo parlare solo di birra!

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Ritornando alla birra…

Esistono opinioni contrastanti tra lattina e bottiglia. Ci sono i fedeli della bottiglia, fermi sostenitori delle qualità organolettiche che solo il vetro può garantire, e quelli che giurano di non sentire alcuna differenza tra i due. Ma cercando di essere obiettivi per dare una risposta esaustiva, è utile valutare tutti i pro e contro di questi involucri.

Birra in lattina Vs Birra in bottiglia

Economia

Birra in Lattina
Birra in Lattina

L’aspetto economico di questo diverbio interessa maggiormente la fase di produzione e quindi il birraio.

Lattina: l’alluminio è economico! Escludendo l’investimento iniziale per il macchinario, i costi di produzione sono notevolmente inferiori rispetto al vetro. Inoltre le spese di trasporto e stoccaggio sono più bassi, perché le lattine sono più leggere e maneggevoli.

Bottiglia: Costi di produzione alti, il vetro costa di più! Inoltre il trasporto è più ingombrante, pesante e fragile.

Estetica

L’estetica riferita alla presentazione tra una lattina e una bottiglia è puramente personale. Nonostante la forma della bottiglia abbia linee più armoniose, i birrifici hanno investito molto sull’estetica del prodotto. Il risultato garantisce sia bottiglie che lattine uniche, dalle grafiche accattivanti e personalizzazioni che rispecchiano l’estro del birrificio. In questo caso è possibile affermare che tra i due involucri ci sia la completa parità!

Qualità del prodotto

Bottiglie di Birra
Bottiglie di Birra

Sulla qualità del prodotto, i puristi della bottiglia affermano che il vetro sia l’unico involucro che conservi e preservi l’integrità sensoriale della birra. In realtà bisogna fare alcuni appunti.

Lattina: le birre contenute in lattina hanno una completa impenetrabilità alla luce e una perfetta chiusura ermetica. Ma nonostante la protezione solare e agli agenti esterni, l’alluminio delle lattine non permette l’isolamento termico. Attitudine a doppio taglio che si rivela utile in caso di raffreddamento d’emergenza, ma disastrosa nei confronti del calore.

Bottiglia: nonostante il vetro sia spesso di colorazione scura, non riesce ad isolare completamente la birra dalla luce. Se la bottiglia viene esposta per troppo tempo ai raggi solari, all’interno di essa s’innescano reazioni chimiche che mutano il sapore della birra. La causa di questo problema è provocata dall’isoumulone, un agente amaro formato dal luppolo. Questo a contatto con i raggi solari degrada producendo l’indesiderato 3-MBT, composto simile al gas della puzzola. Nonostante la scarsa protezione alla luce, il vetro offre comunque un ottimo isolamento termico, che preserva la birra da repentini cambi di temperatura. Inoltre grazie alla sua durezza, esso garantisce una buona rifermentazione in bottiglia a differenza dell’alluminio che risulta più elastico. Ma diversi birrifici americani hanno dimostrato come sia possibile fare la rifermentazione anche in lattina.

Birra in bottiglia
Birra in Bottiglia

Ecologia

In questo contesto è bene pensare anche all’aspetto ecologico. L’inquinamento è un tema molto sentito a cui bisogna fare particolare attenzione. Nonostante il vetro e l’alluminio siano entrambi materiali riciclabili, nel complesso hanno impatti ambientali differenti.

Lattina: nonostante l’alluminio sia riciclabile, a lungo andare ha un peso maggiore sull’ambiente. Infatti a causa dell’ossidazione perde le proprie qualità diventando così inutilizzabile per l’uso alimentare.

Bottiglia: il vetro rispetto all’alluminio ha un impatto ambientale minore. Una volta trattato con i giusti mezzi, il vetro può essere riciclato un numero infinito di volte senza perdere le proprie qualità. Inoltre l’impiego energetico per ricreare una bottiglia è minore rispetto alla lattina.

Considerazioni

Amleto
Amleto

Lattina o non lattina? Il dubbio Amletico che assilla gli appassionati di birra sul preferire una lattina alla bottiglia è quantomai aperto e ricco d’idee controverse.
Tuttavia è giusto ribadire che la birra è pur sempre la birra. A prescindere dal vestito che indossa quando è versata nel bicchiere, risulta ugualmente irresistibile.
Da un lato la pratica lattina e dall’altro la sinuosa bottiglia. Difficile esprimere una preferenza!

Buona birra a tutti

Il test dell tintura di iodio

Fare birra in casa oggi è sostanzialmente un’operazione semplice. Grazie ai vari kit è possibile fare una buona birra senza grossi problemi. Ma il retroscena del fare birra in realtà è un mondo complesso ricco di particolari reazioni chimiche, che tanti homebrewers innescano senza nemmeno accorgersi. Una di queste è sicuramente il test della tintura di iodio, espediente a cui nessun homebrewer potrebbe rinunciare. Ma come funziona il test, e perché viene praticato?

La tintura di iodio

Prima di sapere cosa sia il test dello iodio e perché è praticato durante la produzione di birra casalinga, è necessario sapere che cos’è lo iodio!

Antonio Grossich
Antonio Grossich

La tintura di iodio è una soluzione composta da iodio al 7% e ioduro di potassio al 5%, miscelata all’etanolo e all’acqua. Essa fu inventata nel 1908 dal dottor Antonio Grossich come un pratico sterilizzante per uso esterno.

 Tintura di iodio
Tintura di iodio

Tralasciando la parte medica in cui ha trovato un largo uso, la tintura di iodio oggi è un accessorio indispensabile per praticare l’arte casalingo brassicola.

Si presenta come un liquido di colore rosso-bruno, grazie alla formazione del prezioso ione triioduro. Infatti è grazie a questo ione che la tintura a contatto con l’amido assume una complessa colorazione viola tendente al nero.

Il test della tintura di iodio

Nell’homebrewing il test della tintura di iodio è fondamentale, perché indica al birraio quando la conversione degli zuccheri si è conclusa e arriva il momento di passare al mash out. Nonostante si tratti di una procedura piuttosto semplice, quando si è alle prime armi può succedere di commettere qualche errore che potrebbe compromettere la birra finita. Ma attraverso alcune accortezze si rivelerà una procedura facile, che successivamente avverrà in modo automatico.

N.B.: Quando si esegue il test della tintura è importante stare lontani dal mosto. Se solo una goccia finisce accidentalmente dentro la pentola bisognerà buttare via tutto, in quanto la tintura è altamente tossica.

La procedura

Per eseguire il test:

  1. Munirsi di un piatto preferibilmente bianco;
  2. All’interno del piatto, inserire un piccolo campione di mosto;
  3. Lontano dalla pentola di mash, inserire poche gocce di tintura;
  4. Verificare se la tintura cambia colore.
Piatto con Tintura di Iodio
Piatto con Tintura di Iodio

Se la tintura non cambia colore, allora la conversione è conclusa e si può procedere alla fase di mash out.

Conversione Terminata
Conversione Terminata


Se la tintura cambia colorazione, assumendo un colore che va dal nero al viola, la conversione non è ancora conclusa. In questo caso si consiglia di continuare l’ammostamento (almeno 10 min.) alla temperatura stabilita dalla ricetta, e ripetere il test successivamente.

Conversione Parziale
Conversione Parziale
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Ecco il video su come fare il test della tintura di iodio. Non dimenticare d’iscriverti al canale però, e mettere un bel mi piace se hai trovato il video interessante!

Buona birra a tutti.