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Zucchero nella birra: quale utilizzare per carbonare e quale per aromatizzare?

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Zucchero nella birra: quale utilizzare per carbonare e quale per aromatizzare?
Zucchero nella birra: quale utilizzare per carbonare e quale per aromatizzare?

Lo zucchero nella birra è un elemento estremamente importante, che il più delle volte equivale alla classica ciliegina sulla torta. Ne esistono a bizzeffe e nel processo di produzione sono utilizzati sia per carbonare che per aromatizzare la birra. Usi particolarmente complessi, che potrebbero migliorare o compromettere irrimediabilmente le qualità organolettiche della birra finita.

La carbonatazione è di sicuro uno dei momenti più delicati della birrificazione, perché sono attimi di apprensione che precedono l’estenuante e curiosa attesa dell’assaggio. Si tratta fondamentalmente di uno stato d’animo insito in ogni birraio, senza distinzione d’età o d’esperienza. Inoltre, come se la tensione del priming non fosse già abbastanza, i dubbi sulla varietà dello zucchero da utilizzare potrebbe rendere la situazione ancora più spinosa.

Un’incertezza che non si limita solo alla carbonatazione, ma si potrebbe estendere anche all’aroma della birra finita, specie se questo complesso odoroso dovrebbe essere disegnato dall’utilizzo di zuccheri particolari. Così tra dosaggi, varietà e modi di fare, una delle domande che solitamente sovviene, specie ai neofiti, è: che zucchero usare per la birra? Vediamo quindi di capirci qualcosa!

Indice dei contenuti

    Birra e zucchero: miti e leggende sui fermentabili del priming

    Iniziamo col fare una prima distinzione, definendo lo zucchero solitamente impiegato nel priming e quindi utilizzato per conferire quella naturale e piacevole bollicina che esalta i sapori e contraddistingue da secoli questa bevanda.

    Per fare il priming nella birra, come ampiamente trattato sul blog, esistono diversi metodi. Tralasciando le modalità d’inserimento dello zucchero nella birra, che possono avvenire sia in fermentatore che in bottiglia (vedi link), il mercato offre agli homebrewers differenti fermentabili.

    Ne esistono davvero di svariati tipi, con caratteristiche uniche e particolari. Tuttavia, oltre ai relativi pregi e difetti, ci sono tantissimi miti e leggende che ruotano attorno ai fermentabili di priming, derivanti soprattutto da una divulgazione errata che potrebbe incentivare non poche paranoie.

    Quindi: quali zuccheri utilizzare nel priming ottenendo di fatto una buona birra finita?

    Zuccheri comuni nel priming

    Tra gli zuccheri comunemente utilizzati nel priming, che grazie al profilo neutro non apportano evidenti mutamenti alla struttura organolettica della birra finita, ci sono: Saccarosio (il comune zucchero da tavola), Zucchero di Canna e Destrosio (detto anche glucosio).

    Sono zuccheri diversi tra loro, specie a livello molecolare, che reagiscono differentemente col lievito presente nel mosto. Tuttavia hanno il medesimo compito, ovvero quello di carbonare la birra. Ma quali sono le differenze, i pregi e i difetti?

    Saccarosio (Zucchero da tavola)

    Il saccarosio o zucchero da tavola è uno dei principali fermentabili utilizzati nel priming durante la birrificazione casalinga. Si tratta di un disaccaride, perché la sua molecola è costituita da due monosaccaridi, ovvero glucosio e fruttosio (o destrosio). Questi ultimi si definiscono zuccheri semplici e saranno fermentati solo dopo che l’enzima invertasi o saccarasi, prodotto dal lievito attraverso la reazione di idrolisi, romperà il legame tra loro.

    Tuttavia, nonostante il largo impiego nell’homebrewing, questo zucchero nella birra è spesso ritenuto il responsabile di off-flavours, come aromi solforosi o sidrosi. In questo caso, si tratta di leggende oppure c’è del vero?

    Secondo alcune tesi, ma senza certezza, gli aromi solforosi (zolfo) deriverebbero dal processo di raffinazione dello zucchero, interessato da un trattamento con anidride solforosa. Un difetto che si evidenzia soprattutto in birre ad alta carbonatazione (tipo belga). Tuttavia è bene riflettere sulle quantità di zucchero utilizzate nella rifermentazione in bottiglia, che in ambito casalingo, sono davvero modeste. Di conseguenza, difficilmente gli odori solforosi sono attribuibili allo zucchero nella birra.

    Anche per gli aromi sidrosi (mela verde, erba, foglie verdi e pittura in latex), non esiste nessuna prova concreta che colleghi il saccarosio allo scatenarsi di questi off-flouvers. Il difetto aromatico, invece, potrebbe essere dovuto all’errata gestione del lievito e della fermentazione, che comporterebbe un’eccessiva produzione di acetaldeide. Va detto però, che l’acetaldeide fa parte del processo di birrificazione, in quanto prodotta proprio dai lieviti nel corso del loro regolare metabolismo.

    Normalmente l’acetaldeide, prodotta durante la birrificazione, è convertita in etanolo dagli stessi lieviti. Tuttavia se il lievito è scadente, l’azoto libero è insufficiente (FAN: Free Aviable Nitrogen) oppure mancano altri componenti necessari al nutrimento delle cellule, il ceppo va in sofferenza e la riduzione dell’acetaldeide potrebbe non avvenire correttamente. Detto questo, lo zucchero nella birra può essere tranquillamente utilizzato senza che ci sia alcun danno alle caratteristiche sensoriali.

    Zucchero di Canna

    Lo zucchero di canna, ricavato dall’estrazione del saccarosio dalla canna da zucchero, è spesso utilizzato al posto del classico zucchero da tavola. Tuttavia lo zucchero di canna possiede una percentuale di saccarosio leggermente inferiore rispetto allo zucchero bianco (circa il 99%) e risulta essere più aromatico con leggere note di caramello.

    Bisogna comunque chiarire che, difficilmente questi sentori si percepiranno in modo delineato nella struttura organolettica, in quanto le percentuali di zucchero nella birra sono decisamente modeste.

    Destrosio (Glucosio)

    Il destrosio o glucosio è uno zucchero monosaccaride aldeico ricavato dall’amido di mais, che risulta meno dolce del saccarosio. La sua forma più comune è il destrosio monoidratato, costituito da destrosio e acqua, ed è preferito rispetto al saccarosio perché più veloce da metabolizzare per il lievito. Tale velocità deriva proprio dall’assenza di fruttosio e del relativo legame intermolecolare, che, passando direttamente tra le membrane cellulari del lievito, evita l’azione dell’enzima invertasi.

    Inoltre, grazie alla velocità di metabolizzazione, questo zucchero nella birra riduce i fenomeni ossidativi legati all’ossigeno che finisce inevitabilmente intrappolato durante l’imbottigliamento. In sostanza, essendo il destrosio assimilato più rapidamente dal lievito, carbona prima la birra e l’ossigeno produce meno ossidazione sulla struttura organolettica del prodotto finito. Per tale ragione è preferito anche dai birrifici artigianali

    Tuttavia è bene ricordare che, per fare priming col destrosio, la percentuale da utilizzare, rispetto al saccarosio, risulta maggiorata del 10%. Questo succede perché, a parità di peso (col saccarosio), il destrosio è costituito anche d’acqua, quindi possiede minore potere fermentativo e minore produzione di CO2.

    Zuccheri utilizzati in preparazione e in aroma

    Oltre agli zuccheri che conferiscono un raro (o nessun) sentore e quindi esclusivamente impiegati per la carbonatazione, ne esistono altri che contribuiscono concretamente alla struttura organolettica della birra finita. Si tratta di zuccheri particolari, utilizzati dai birrai soprattutto per le qualità aromatiche e cromatiche.

    Tra questi rientrano: Zucchero Invertito, Miele, Zucchero Candito, Cassonade, Treacle, Sciroppo d’acero, Lattosio e Melassa.

    Tuttavia anche su questa categoria di zuccheri e il loro relativo utilizzo ci sono diverse teorie, che potrebbero disorientare e non poco gli homebrewers meno esperti. Di conseguenza facciamo un po’ di chiarezza, soffermarci sulle differenze, sul contributo organolettico e strutturale nella birra finita, cercando di comprendere l’effettiva utilità di questi zuccheri anche nel priming.

    Zucchero Invertito

    Si tratta di zucchero da tavola (saccarosio) in forma liquida, ottenuto attraverso il riscaldamento di una soluzione di acqua acidificata in cui viene sciolto il saccarosio. Nella soluzione, sottoposta a calore, avviene la scissione del legame tra fruttosio e glucosio, che grazie all’acidità, una volta raffreddata, manterrà la sua forma liquida.

    Lo zucchero invertito inoltre, risulta più dolce del saccarosio, ma fermenta come il classico zucchero da tavola. Fermentazione che naturalmente avviene senza la scissione tra fruttosio e glucosio, reazione già avvenuta in fase di preparazione. Di conseguenza, saltando l’invertasi, la fermentazione sarà più veloce, proprio come avviene utilizzando il destrosio.

    E’ utile per il priming? Solitamente questo zucchero nella birra fatta in casa non si utilizza nel priming, ma è impiegato spesso tra un travaso e l’altro per rinvigorire una fermentazione sciatta. La sua forma liquida ne agevola la diluizione nel mosto.

    Miele

    Il miele probabilmente è tra gli ingredienti che un po’ tutti vorrebbero utilizzare, ma realmente inserito in ricetta solo dai più temerari. Esso, infatti, è un componente molto particolare, che richiede grande cura e destrezza durante il suo impiego. Solitamente si utilizza nella birra per conferire una nota aromatica ricercata e non come sostituto del saccarosio o dello zucchero di canna. Tuttavia se così non fosse, va considerato un quantitativo di miele pari al 20% in più rispetto allo zucchero previsto dalla ricetta.

    Nella ricerca di un contributo odoroso particolare, si predilige spesso un miele biologico e dall’aroma marcato (pertinente ovviamente allo stile), aggiunto a fine bollitura oppure a fermentazione già iniziata. A tale proposito però, nel suo utilizzo va considerato anche il fattore contaminazione, in quanto potrebbe essere veicolo di microrganismi e lieviti selvaggi.

    Proprio per questo motivo è consigliabile trattare il miele con fonti di calore. Per l’appunto, l’aggiunta del miele deve avvenire a mosto ben caldo oppure, se aggiunto a fermentazione già iniziata, è bene riscaldarlo a bagnomaria, per praticare una specie di pastorizzazione.

    Detto questo: quale miele utilizzare e quanto utilizzarne? Se si vuole ottenere un aroma lieve, delicato e floreale, bisogna orientarsi su una percentuale (rispetto al totale dei fermentabili in ricetta) compresa tra il 3 e il 10%, con varietà di miele come arancio, rosmarino, castagno o asfodelo.

    Alzando la percentuale dal 10 al 30%, sempre rispetto al totale dei fermentabili in ricetta, si otterrà un aroma più intenso di miele, che dovrà essere necessariamente bilanciato dall’utilizzo di malti scuri, spezie o luppoli. In questo caso però è bene orientarsi su tipologie di miele come corbezzolo, timo, eucalipto o cardo. Oltre il 30% di miele in ricetta, la birra sarà decisamente dominata dall’aroma di questo ingrediente (Braggot o Mead).

    E’ utile per il priming? Considerando opportunamente la quantità di acqua in esso contenuta, l’utilizzo del miele può avvenire anche nel priming, sebbene sia vivamente sconsigliato.

    Zucchero Candito

    Zucchero Candito – Birramia

    E’ uno zucchero che nella birra serve sia ad aumentare gradazione alcolica che a conferire maggiore pienezza e morbidezza (grazie alle destrine). Si ottiene dalla cristallizzazione dello zucchero invertito che, a seconda della raffinazione iniziale (light, medium o dark), può assumere diversi colori e proprietà organolettiche.

    E’ utile per il priming? In commercio si trova sia in forma liquida (candy) che in cristalli (rocky). Solitamente si utilizza in boil, per cui non è impiegato come zucchero di priming!

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    Cassonade

    Cassonade – Birramia

    Si tratta di uno zucchero grezzo, estratto dalla barbabietola (Beet sugar), particolarmente utilizzato nella tradizione belga. In base alle colorazioni (light, medium e dark) e al formato, questo zucchero nella birra apporta sapori particolarmente intensi, che richiamano la nocciola e la frutta secca.

    E’ utile per il priming? Solitamente questo zucchero nella birra fatta in casa non viene impiegato nel priming, ma durante la bollitura. Il suo utilizzo in ambito birraio, oltre all’apporto aromatico, incide sull’aumento della densità, mentre le versioni più scure intensificano anche il colore della birra.

    Sciroppo d’acero

    E’ un componente utilizzato nella birra per conferire un sapore piuttosto resinoso. Costituito da saccarosio e acqua, si ottiene dalla contrazione e caramellizzazione della linfa d’acero. Trattandosi di un fermentabile particolare, s’impiega spesso in prodotti che richiedono una grande complessità aromatica, come le birre da meditazione.

    E’ utile per il priming? Diversi homebrewers lo utilizzano anche durante il priming, trattando lo sciroppo d’acero come se fosse miele. Tuttavia, come per il miele, è consigliabile l’uso in ricetta.

    Melassa

    Dal residuo di trasformazione dello zucchero di canna grezzo in zucchero raffinato, si ricava la Melassa. Si presenta in forma liquida, con diverse colorazioni che ne indicano il grado di raffinazione. Nella birra si utilizza sia per le sue intense doti aromatiche che per l’aumento del grado alcolico. Per questi motivi la melassa è impiegata direttamente durante la preparazione.

    E’ utile per il priming? Alcuni documenti storici evidenziavano l’utilizzo della melassa come fermentabile di priming, in quanto lo zucchero raffinato era particolarmente costoso. Oggi il costo dello zucchero è decisamente più accessibile rispetto alla melassa, per cui non esiste un reale beneficio nel praticare il priming con questo componente.

    Lattosio

    Lattosio in polvere – Birramia

    Si tratta di uno zucchero disaccaride composto da lattosio e galattosio ricavato dal latte, che non viene fermentato dai lieviti. Si utilizza spesso nelle Milk-Stout o birre scure dai particolari profumi tostati, in cui il lattosio contribuisce sia alla morbidezza che alla dolcezza residua.

    E’ utile per il priming? Come detto in precedenza, non viene metabolizzato dal lievito e di conseguenza non produce CO2 utile alla rifermentazione in bottiglia.

    Treacle

    Treacle, in italiano, si traduce come melassa, anche se quest’ultima deriverebbe da un processo di produzione differente (in questo caso però ci sono diversi pareri discordanti). Detto ciò, il Treacle è uno sciroppo ottenuto dallo zucchero raffinato, con sapori che per certi aspetti ricorderebbero lontanamente la melassa.

    Disponibile in diversi stadi di trasformazione e tonalità cromatiche, la sua aggiunta nella birra contribuisce a un profilo organolettico che riporta a leggeri accenni di vino e distillati.

    E’ utile per il priming? In ambito birraio, nonostante il Treacle sia oggettivamente metabolizzabile dai lieviti, si preferisce l’utilizzo in ricetta.

    Buona birra a tutti.

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