Come modificare il pH nella birra: la strada per il successo inizia da qui!

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Come modificare il pH nella birra: la strada per il successo inizia da qui!
Come modificare il pH nella birra: la strada per il successo inizia da qui!

Il pH, specie per i neofiti, è una montagna che può sembrare ardua da scalare. Sarà per le frastagliate informazioni in rete o per la paura di affrontare il grande mondo della chimica, ma la complessità che apparentemente ruota intorno a questa variabile porta spesso il birraio a tralasciarla. Tuttavia è un fattore chiave nella produzione della birra, e la sua gestione è fondamentale per produrre un buon prodotto. Di conseguenza durante le fasi della cotta è un dettaglio da tenere sempre sotto controllo con i dovuti strumenti e, se il caso lo prevede, da modificare con le opportune accortezze. Cerchiamo quindi di capire come modificare il pH nella birra, comprendendo cosa lo influenza e per quale motivo è così importante conoscerlo e gestirlo.

Indice

  1. Fattori iniziali che influenzano il pH
  2. Qual è l’obiettivo da raggiungere durante la modifica del pH e perché?
  3. Come modificare il pH nella birra?
  4. Procedura di modifica del pH nell’acqua di Mash
  5. Curiosità: il limone abbassa il pH?

Fattori iniziali che influenzano il pH

Per ottenere buoni risultati nella birrificazione casalinga è importante comprendere che nulla va lasciato al caso. Uno dei fattori che differenzia un buon prodotto da uno scadente è senza ombra di dubbio la corretta gestione del pH, che si determina già dalle fasi iniziali della produzione.

provette con sostanze

In particolare la gestione del pH deve iniziare proprio dall’ammostamento, in cui si attiveranno una serie di reazioni concatenanti che influiranno sulle fasi successive della cotta. In questa fase infatti, grazie agli enzimi α-amilasi e β-amilasi, avviene la scomposizione degli zuccheri. Di conseguenza, al fine di garantire un lavoro ottimale di questi enzimi, l’alcalinità del mosto deve attestarsi entro un determinato range. In particolare per rispettare questo range è necessario considerare:

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  • PH iniziale dell’acqua. Di relativa importanza, fornisce comunque al birraio un riferimento alcalino prima d’introdurre i malti in pentola;
  • Sali disciolti nell’acqua. Nonostante il pH iniziale, l’acqua possiede altri elementi che influiscono sul valore di questa variabile in pentola. A tale proposito è fondamentale leggere l’etichetta, facendo particolare attenzione ai bicarbonati (HC03-) in essa contenuti. Questi, se presenti in grande quantità (sopra i 100 mg/l), rendono difficoltosa la discesa del pH, compromettendo di fatto il lavoro di conversione degli enzimi;
  • Malti. L’ingrediente che influisce più di tutti in fase di Mash è il malto. Il perché è legato alla reazione del calcio e del magnesio (presenti nell’acqua) con i fosfati (presenti nel malto). L’interazione di questi fattori, rilasciando ioni H+, tende ad abbassare il pH in pentola. A tale proposito è bene non esagerare con gli acidi alimentari (acido lattico, citrico, ecc) specie se si utilizzano grosse percentuali di malti scuri (ricchi di fosfati).

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Qual è l’obiettivo da raggiungere durante la modifica del pH e perché?

Una volta iniziato il mash, i fosfati dei grani interagiscono con calcio e magnesio presenti nell’acqua, rilasciando di conseguenza ioni H+. Tuttavia l’interazione di questi fattori è strettamente correlata alla concentrazione dei bicarbonati (HCO3-) dell’acqua, i quali se eccessivamente presenti “catturano” gli ioni H+ del mash, inibendo l’abbassamento del pH.

E’ per questo motivo che l’alcalinità iniziale dell’acqua conta ben poco, in quanto se quest’ultima presenta un buon pH (vicino al 6), ma possiede un’alta concentrazione di bicarbonati e non ci sono sufficienti fosfati e ioni di Calcio e Magnesio, l’alcalinità del mosto non subirà grosse variazioni.

centro con freccetta

A tale proposito è necessario misurare l’alcalinità residua presente in pentola ed eventualmente gestirla con le dovute accortezze. L’obiettivo di pH che deve raggiungere il birraio in fase di mash, per consentire agli enzimi α-amilasi e β-amilasi di lavorare correttamente, dev’essere compreso in un range di 5.2 e 5.7 punti misurato a temperatura ambiente.

Ovviamente questa finestra di pH riguarda solo la fase di mash. Nell’intero arco della produzione l’alcalinità subirà ulteriori variazioni, dovute principalmente alle reazioni scatenate durante la bollitura e la fermentazione.

Nella bollitura il range di pH ottimale è di 5.2-5.3. Questa finestra favorisce la coagulazione delle proteine, limita l’estrazione di tannini dal luppolo e l’imbrunimento del mosto.

Differente invece è il range di pH in fermentazione. Durante questo step il lievito produce diversi acidi, che generalmente abbassano l’alcalinità del mosto. Di conseguenza il pH ottimale nella fase di pre-fermentazione dovrebbe attestarsi intorno ai 5, per poi diminuire ed essere compreso in una finestra di 4-4.5 a fine fermentazione. Un pH più basso potrebbe essere sinonimo di contaminazioni.

Ricapitolando, la corretta gestione del pH, non solo nel mash, ma in tutto il processo di produzione innescherà una serie di reazioni concatenanti che miglioreranno:

  • Colore della birra;
  • Tenuta della schiuma;
  • Percezione amara. Un pH troppo elevato rende poco elegante e omogenea la percezione amara, mentre un pH troppo basso tende a limare eccessivamente gli eventuali accenni amaricanti;
  • Percezione aromatica dei malti. Un pH troppo elevato tende a limitare l’intensità aromatica dei malti.

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Come modificare il pH nella birra?

Dopo aver compreso cosa sia il pH e perché sia così importante gestirlo durante la produzione della birra, vediamo come si può modificare.

N.B.: Ovviamente anche in questa pratica, che tecnicamente risulta piuttosto semplice, l’esperienza del birraio farà la differenza. Per tale motivo, durante le modifiche è consigliato procedere sempre a piccoli passi evitando di fatto l’aggiunta eccessiva dei vari reagenti, che potrebbero conseguentemente portare difetti importanti alla birra finita.

Fatta questa premessa, per interagire col pH del mosto si utilizzano prevalentemente:

  • sali minerali (che si combinano ai malti presenti in pentola).
  • acidi alimentari (citrico e lattico);
beuta esplosiva

In funzione degli effetti derivanti dall’utilizzo dei sali minerali, molti homebrewers e libri del campo, consigliano di aggiungere Gypsum al mosto per abbassare il pH. Il Gypsum è solfato di calcio, ovvero Calcio + Solfati. Il primo, interagendo con i fosfati dei malti, produce ioni H+ abbassando di fatto il pH, ma apporta benefici anche alla flocculazione del lievito e alla precipitazione delle proteine. I solfati invece, specie se presenti in alte concentrazioni, vanno a intaccare il delicato equilibrio con i cloruri, determinando conseguentemente un orientamento più o meno amaro, poco indicato in stili in cui il sapore maltato deve prevalere.

Un altro strumento di gestione del pH riguarda l’impiego degli acidi alimentari che, neutralizzando i bicarbonati, rilasciano ioni H+ e rendono di fatto l’acqua più acida. Tuttavia l’uso eccessivo di questi espedienti genera un sapore poco piacevole alla birra. A tale proposito è consigliato utilizzare un’acqua di produzione che non abbia una concentrazione di bicarbonati troppo elevata, in modo da consentire un impiego moderato di questi acidi.

Un importante aiuto a favore degli homebrewers è fornito dal foglio di calcolo EZ WATER CALCULATOR, in cui inserendo i valori di acqua con i relativi sali e le percentuali di malti impiegati, fornisce indicativamente una stima sull’alcalinità residua e l’eventuale modifica da apportare con sali e acidi alimentari.

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Procedura di modifica del pH nell’acqua di Mash

Avviato l’ammostamento, ovvero dopo aver inserito i malti, in pentola si stabilirà una certa alcalinità residua che il birraio dovrà valutare ed eventualmente modificare. A 10 minuti dall’inizio del Mash:

  1. Prendere un campione di mosto;
  2. Raffreddare il campione fino a temperatura ambiente. Consiglio d’impiegare tazzine da caffè precedentemente inserite in congelatore. L’esigenza di una misurazione a temperatura ambiente è data sia dagli strumenti (tarati a una temperatura di 20/25 °C), che dal pH stesso in quanto all’aumentare della temperatura esso diminuisce a causa della liberazione di ioni H+;
  3. Prendere il valore del pH con il phmetro o cartina tornasole.

Dopo questi passaggi, difficilmente si noterà un valore di pH compreso tra i 5.2 e i 5.7 punti, di conseguenza sarà necessario aggiungere gli additivi per arrivare al range desiderato.

ATTENZIONE! Aggiungere gli additivi poco per volta, eseguendo eventualmente più misurazioni.

Abbassare il pH

misurazione pH con pHmetro
  1. Aggiungere acido lattico (l’eccesso può dare sapori amari), oppure acido citrico (l’eccesso può dare sentori aciduli);
  2. Mescolare il mosto;
  3. Effettuare una nuova misurazione.

Se il pH si attesta all’interno del range (5.2-5.7), la modifica sarà conclusa, altrimenti bisognerà ripetere l’aggiunta e misurare nuovamente.

Solitamente si modifica anche l’acqua di sparge, onde evitare che il pH dell’acqua vada a interferire troppo con l’alcalinità raggiunta in mash. Questo accorgimento faciliterà il raggiungimento di un pH ottimale anche in fase di bollitura (5.2-5.3). A tale proposito l’ausilio del foglio di calcolo EZ WATER CALCULATOR, cercherà di dare una stima anche sull’eventuale modifica del pH di sparge.

Alzare il pH o correre ai ripari

Difficilmente ci sarà l’esigenza di aumentare il valore di pH, ma può comunque succedere! Un esempio potrebbe essere l’eccessiva presenza di malti scuri in ricetta oppure un sovraddosaggio di acidi alimentari. In questo caso è possibile ricorrere all’uso di bicarbonato da cucina, che riesce ad alzare i livelli di pH ottemperando al rilascio eccessivo di ioni H+. Tuttavia è bene tenere a mente che 5 unità di bicarbonati comprendono 1 unità di sodio (sale), il quale potrebbe portare sapori astringenti alla birra finita.

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Curiosità: il limone abbassa il pH?

Capita di sentire spesso tra gli homebrewers, storie di pH e limone. Ebbene chiariamo subito che effettivamente il limone abbassa il pH, io stesso (lo potete constatare in qualche video sul canale Youtube) l’ho utilizzato nelle mie cotte. Tuttavia l’impiego di questo sistema non rende l’intervento sulla cotta efficacemente gestibile in quanto:

limone
  • la concentrazione acidificante del limone si attesta intorno al 6%, a differenza degli altri acidi (acido lattico 80-88%). Questo implica un dosaggio maggiore in ricetta, rischiando di fatto una possibile alterazione dei sapori nella birra finita;
  • la stessa concentrazione acidificante del limone (6%) può variare da frutto a frutto, rendendo di fatto difficile la replicazione della ricetta e la gestione della stessa.

Ovviamente è stato e rimarrà un sistema utilizzato da tanti homebrewers, e a detta di molti non provoca grandi mutamenti al sapore. Tuttavia questo non scongiura le possibilità di compromettere irrimediabilmente il risultato finale. Ne vale davvero la pena?

Buona birra a tutti.

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